Ogni mese, sul nostro giornalino, raccogliamo i racconti dei nostri ospiti nella rubrica “Melodie della Memoria”; riemergono così ricordi legati alla propria infanzia, alla storia del territorio e alle tradizioni.
Con l’avvicinarsi della Pasqua, abbiamo voluto farci raccontare qualche aneddoto che descriva come si festeggiava tanti anni fa.

Loredana Fiorutti, di Marano
In famiglia eravamo in otto: mamma, papà e sei fratelli. Mamma Natalina era bolognese e cucinava molto bene. Per Pasqua ci preparava la ciambella bolognese, sapore del secolo scorso, di pic-nic fuori porta, che si faceva tutti assieme, il lunedì di pasquetta. Durante la settimana che precedeva la Pasqua con i miei fratelli, andavamo a raccogliere le erbe per colorare le uova: le “rosule” le coloravano di verde, i petali di papavero di rosso. Quando erano pronte le sistemavamo nei cestini e quelle erano le nostre uova di Pasqua.

Ada di La Spezia
Quando ero piccola c’era la guerra e assai poco da mangiare, per Pasqua però c’erano le uova sode e per noi era festa!

Domenica di Caldonazzo in provincia di Trento
In famiglia eravamo in sei, avevo tre fratelli. La mamma ci cucinava la “torta di erbe” ripiena di bietole, uvetta e pinoli, bagnata con il rum, era squisita!

Carmen di Scodovacca
Vivevamo in una famiglia patriarcale, in casa eravamo in diciotto. Per Pasqua era gran festa. La zia Ida faceva la cuoca per tutti. Il menù comprendeva: brodo di tacchino con tortellini, giorni prima preparava le pinze e per noi bambini le colombe.

Isabella di Dolegnano di Udine
In famiglia eravamo in dodici. La mamma per Pasqua, tirava il collo alla gallina, ma nel mio piatto, del pennuto trovavo a malapena una zampa accompagnata da due patate. Gran festa invece era quando lanciavamo il nichelino alle uova sode che pur troppo erano solo tre. Le uova venivano posizionate per terra, nella corte. Noi bambini ci mettevamo ad una certa distanza e muniti di una monetina da cinque centesimi, dovevamo conficcarla nell’uovo. Chi ci riusciva se lo mangiava. Il gioco durava per delle ore, a volte fino all’imbrunire, data la difficoltà di colpire il bersaglio.

Ribella di Pradamano
La mamma impastava le pinze. La pasta la faceva lievitare per dodici ore e poi portava le forme a cucinare dal fornaio. Per poter riconoscere quali erano le sue, incideva sulla pasta la A di Ada.

Emilia di Mariano del Friuli
Anche la mia mamma preparava le pinze, ricordo ancora il profumo che si diffondeva per tutto il paese.

Fiorinda di Faedis
Per Pasqua era festa, perché si mangiava la pastasciutta che veniva preparata solo in quell’occasione. A volte c’era anche la ciambella con le uvette.

Maria Pia di Monfalcone
Ero figlia unica, ma per Pasqua andavo a Cervignano a trovare zii e cugini. Avevo un vestitino bianco che assumeva un colore diverso a seconda delle stagioni. La mamma metteva la carta crespa colorata di rosso nell’acqua e vi immergeva il vestito che per l’occasione diventava rosa.

Antonietta da Ferrara
Anche noi coloravamo le uova con la buccia della cipolla dorata, con le “pannocchiette” azzurre e con le rape rosse. Avvolgevamo le uova con un filo d’erba e poi le chiudevamo in un panno prima di immergerle, così sul guscio colorato rimanevano disegni di fantasia, tutti differenti.

Continuano i ricordi… Il Venerdì Santo le campane morivano, ma per il paese si sentiva il rumore delle “scarasule” La Pasqua segnava il passaggio verso la primavera ed era anche l’occasione per indossare un vestito nuovo, che il più delle volte era della sorella più grande. La mattina di Pasqua le campane suonavano a festa, la mamma ci bagnava gli occhi con l’acqua santa e poi felici andavamo alla santa Messa!