Quando si parla di grandi imprenditori italiani da affiancare alla figura di Brovedani, non si può non citare la famiglia Benetton.

Ci sono diversi intrecci tra la nostra storia e la loro, a partire dall’anno di fondazione della Benetton, 1965, che per la Fissan è l’anno del trasferimento dal piccolo laboratorio sotto casa al grande stabilimento a Bagnoli della Rosandra.

Uno dei tratti caratteristici è il fatto che entrambe le ditte riuscirono a produrre grande indotto sul territorio anche grazie all’utilizzo iniziale della manodopera casalinga.

I grandi macchinari erano indispensabili, ma certi lavori potevano essere fatti solo mano. Alla Fissan, negli anni ’30, le macchine impastavano e c’era anche l’apparecchio per riempire i tubetti con la pasta, ma poi a confezionare erano le impiegate: chi voleva la sera si portava a casa tutto il materiale per il confezionamento. Si trattava di piegare in tre il bugiardino, avvolgere con esso il tubetto e infilare il tutto nella scatola dopo averla costruita, poi si legavano le confezioni con due strisce di carta in blocchi da 50. Il guadagno era di una lira a confezione, quindi 50 lire in circa un’ora e mezza di lavoro. A questo lavoro prendervano parte anche altre famiglie del quartiere di san Vito e san Giacomo.

Invece, in quel di Treviso,alle dipendenti venivano affidati alcuni lavori di rifinitura, svolti a domicilio dopo l’orario di lavoro, coinvolgendo anche i familiari.

Poi, la legge 877/73 introdusse per la prima volta le norme per regolamentare il lavoro a domicilio, imponendo l’iscrizione dei lavoratori in appositi albi e standard più severi di sicurezza. Per i singoli lavoranti, lo sforzo di mettersi a norma era per lo più insostenibile, sicché l’esito del provvedimento fu quello di produrre un rapido ridimensionamento del fenomeno.