Bubez, garzone… chissà quanti triestini sanno che deriva dal tedesco der Bube? Cioè, il Joker, quello che va bene ovunque. E Brovedani iniziò facendo il galoppino tuttofare al Piccolo ma, curioso com’era, si mise ad un certo punto a studiare anche il tedesco, lingua che fin dal Medioevo a Trieste si parlava diffusamente, insieme allo sloveno, all’italiano e soprattutto al dialetto triestino.
Non sapeva Osiride che quello studio gli avrebbe prima cambiato e poi salvato la vita!

La Fissan nasce in Germania, sicché diventa più facile per il Nostro intraprendere la sua attività imprenditoriale dialogando con il dottor Sauer che gli cede gratuitamente l’uso del suo brevetto per i famosi prodotti. Racconta la sua segretaria: “C’era la corrispondenza con la casa madre, e lì ci divertivamo un sacco a scrivere le lettere. Io conoscevo il tedesco perché l’avevo imparato a scuola e ci mettevamo a fare insieme le traduzioni con il vocabolario, proprio come due studenti che fanno i compiti!”

Inoltre, racconta Primo Levi che in campo di concentramento si salvava più facilmente chi conosceva la lingua germanica, perché così poteva capire gli ordini impartiti, o poteva anche fare da traduttore, che è quello che accade a Brovedani, che a Dora finisce in infermeria a fare da traduttore degli atti amministrativi, essendo pochi coloro che avevano la capacità di fare da interpreti. Dal documento che qui riportiamo si scopre che su 50 prigionieri solo quattro parlavano tedesco!